Goldfixing Fonderia e laboratorio analisi preziosi

Le guerre influenzano il prezzo dell’oro?

La liberalizzazione effettiva del mercato dell’oro combacia con l’adozione del monometallismo aureo in quasi tutte le nazioni.
La prima guerra mondiale provoca un deprezzamento dell’oro e una riduzione nella produzione che, assieme ad altri fattori di matrice monetaria ed economica, propongono l’abbandono del sistema gold standard in favore di altri.
Nel frattempo gli Stati Uniti nei primi anni ’30 fissano il prezzo dell’oro a 35 dollari per 1 oncia, con la promessa di acquistare e vendere qualsiasi quantitativo dello stesso, a tale prezzo. Non a caso divennero i principali acquirenti, al contrario invece dei restanti paesi che adoperavano un sistema di carta moneta inconvertibile. Questa difficile condizione di evidente disparità persiste sino allo scoppio della 2° guerra mondiale. Successivamente agli accordi di Bretton Woods del 1944, si dà vita ad un sistema monetario internazionale in grado di livellare gli squilibri economici dei paesi ed evitare lo scempio di guerre delle quali siamo testimoni. In verità 30 anni più tardi, la pessima gestione dei fondi pubblici e le guerre di Corea e Vietnam, non solo marcano un insostenibile pressione sul dollaro americano, ma evidenziano la realtà che le guerre sono sostenute da manovre finanziarie. I protagonisti sono sempre paesi indebitati che per ammortizzare il problema dell’inflazione preferiscono emettere moneta, i mercati spingono verso investimenti pubblici, imponendo allo stato di aumentare le spese per gli armamenti; il loro impiego poi, è funzionale a trarne i frutti. Un esempio concreto e a noi vicino è la tensione tra Ucraina e Russia, che ha portato un aumento del metallo giallo all’1,4% circa.

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